martedì 20 luglio 2010

PAELLA ALLA LUCIA (GENESI)

La paella la conosciamo tutti. O meglio, crediamo di conoscerla!… finché non decidiamo di farla in casa nostra. Allora, solo allora, capiamo che, in realtà, le nostre conoscenze sul piatto più famoso della cucina iberica non sono poi così salde e sicure.
Ma procediamo con ordine. Innanzitutto vi starete chiedendo perché mi sia venuto il ghiribizzo di preparare la paella e non, ad esempio, l’untuosa e sontuosa carbonara emblema di Roma caput mundi. Mah! Sarà l’effetto mondiali o la mia innata tendenza a complicarmi la vita… Scegliete voi. Fatto sta che una mattina mi sveglio pensando: voglio fare la paella! Tanto, che ce vo? Basta andare in Internet, digitare: “ricetta originale paella” e attendere che saltino fuori ingredienti e procedimento della “paella valenciana”, quella con carne e pesce; perché, lo sanno tutti, è lei l’originale!
Primo pugno in faccia: la paella che ho in mente io ci azzecca con Valencia quanto Di Pietro con l’italiano. Detta “mixta” o “turistica”, giusto per non lasciare alcun dubbio circa i destinatari, risulta essere, appunto, una mera invenzione per turisti, un po’ come Babbo Natale per i bambini: i valenciani preferirebbero farsi torturare piuttosto che ingoiare un solo boccone di quell’obbrobrio culinario. Ma alura (come dicono qui a Berghem), qual è sta benedetta “paella alla valenciana”? Con la mia caparbietà meridionale faccio una ricerca approfondita ed accurata e scopro tutto, ma proprio tutto, sul piatto in questione (mi manca solo il suo DNA). La “paella alla valenciana” è nata qualche secolo fa ad opera dei contadini dell’Albufera, una zona umida a sud di Valencia tradizionalmente dedita alla coltivazione di riso e ortaggi mediterranei, nella quale viene anche prodotto un ottimo zafferano. A questi ingredienti principali veniva talvolta aggiunta la carne di un coniglio selvatico o di qualche lumaca reperiti in loco. Se proprio era festa grande, veniva sgozzato anche un bel pollo. Così, il piatto spagnolo più famoso al mondo altro non è che un banale risotto di carne e verdure! Risotto? Secondo pugno in faccia: la paella NON è un risotto!
Scordiamoci, noi italiche cuochine, la tostatura del riso, la sfumata col vino bianco, il brodo aggiunto poco per volta controllando che il precedente sia stato interamente assorbito… Il riso si versa DIRETTAMENTE nel brodo, rigorosamente crudo. E non ci son santi.
Beh, meglio così, penso io. Un procedimento di cottura semplice semplice, basta solo ricordarsi di mescolare il riso di tanto in tanto… Meeeescolare cheeeeee??? Il riso NON si mescola!!! Il riso deve addirittura attaccarsi un po’ al fondo della padella, altrimenti la "socarrada" come fa a formarsi? Vi state chiedendo che azzolina è? Perfetto: me lo son chiesto anch’io! E’ lo strato di riso che, logicamente, brucia per effetto della non mescolatura. Ogni paella che si rispetti è tenuta ad avere la sua brava crosticina bruciacchiata, per la gioia dei suoi cultori, e sappiate che a Valencia esiste perfino un ristorante intitolato alla sacra socarrada.
Quindi, se, come me, già sapete che non sarete in grado di resistere al richiamo della rimestatura, fate come Ulisse, che per resistere al canto delle Sirene si fece legare all’albero maestro della nave: incatenatevi alla gamba del tavolo. Oppure procuratevi il calendario di Gabriel Garko e per un quarto d’ora vi dimenticherete non solo del riso, ma di qualunque cosa vi ruoti attorno.
Per finire: la cottura della paella deve avvenire nella paellera, il caratteristico tegame largo e rotondo con due manici che dà il nome alla pietanza, e il fuoco dev’essere regolato con un adattatore per il fornello, ovvero un congegno che si attacca all’uscita del gas ed espande la fiamma per farla larga come la paellera. Con la cultura che mi son fatto, sfido chiunque a saperne più di me su paella, annessi e connessi! Ma veniamo al dunque: il coniglio non mi piace, le lumache a Bergamo ‘ndo le trovo, la paellera non ce l’ho e men che meno l’adattatore… e per me la paella è, e rimarrà, quella con carne e pesce insieme. Conclusione? Mi son fatto una paella su misura. Una paella “mixta”. Anzi, di più. “Turistica”. Alla faccia degli schifiltosi valenciani!


Ricetta e foto ve li posterò domani perché stasera vado fuori a mangiare... no, non la paella! Un'italianissima pizza :-)  

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