domenica 22 gennaio 2012

ALFAJORES DE MAICENA




Ecco a voi, annunciati ed attesissimi, gli argentini (ma anche un po' uruguayani, paraguayani, cileni e peruviani) "alfajores de maicena". Per quei pochi (sfortunati) che a sentirne il nome sono sobbalzati sulla sedia esclamando: "Alfajor! Chi è costui?", preciso che trattasi di delizioso dolcetto costituito da una coppia di biscotti tenuta insieme da una generosa dose di dulce de leche. Per rendere il tutto più godurioso si spalmano di dulce de leche anche i lati dell'alfajor e si tuffano nel cocco grattugiato; una spolverata di zucchero a velo in superficie completa felicemente l'opera. Tra le varie ricette reperite nel web ne ho sperimentate due, leggermente diverse l'una dall'altra: nella prima sono previsti tre tuorli anziché quattro, duecento grammi di burro anziché centocinquanta e nessuna aggiunta di liquore.  Trovo che sia migliore la seconda, per cui ve la propongo assicurandovi che se la proverete non avrete da pentirvene. Per finire, un piccolo consiglio: omettete la buccia di limone grattugiata. Secondo me fa a pugni con il "dulce de leche"; chiedo venia agli argentini, ma quella stonatura nel sapore ha da essere eliminata! :-) 







INGREDIENTI:


300 grammi di amido di mais

200 grammi di farina

150 grammi di zucchero

150 grammi di burro

4 tuorli d'uovo

mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio

2 cucchiaini di lievito per dolci

1 cucchiaino di scorza di limone grattugiata

4 cucchiai di cognac o latte (io ho usato il primo)

5 gocce di essenza di vaniglia
(non avendola trovata l'ho indegnamente sostituita con una bustina di vanillina)


cocco disidratato q.b.



Setacciate insieme farina, bicarbonato di sodio, amido di mais e lievito. Lavorate il burro con  lo zucchero, quindi  aggiungete i tuorli (uno alla volta) ed il cognac. Unite gradualmente gli ingredienti secchi precedentemente setacciati, l'essenza di vaniglia e la scorza di limone. Lavorate bene il tutto, fino ad ottenere un impasto liscio e non appiccicoso. Stendete la pasta e ritagliatevi dei cerchi di 5 cm di diametro; passateli con delicatezza sulla placca del forno rivestita con carta da forno e cuoceteli a 180 gradi per una decina di minuti. Attenzione: non devono prendere colore!  Una volta cotti, lasciateli raffreddare perfettamente e poi uniteli a coppie per mezzo di abbondante dulce de leche.




































lunedì 16 gennaio 2012

DULCE DE LECHE





Un’avvertenza: se siete tipi da quattrosaltiinpadella o se l’overdose di Belen Rodriguez in tivù vi ha procurato un’inguaribile repulsione per il “made in Argentina”, questo post non fa per voi. Se, invece, rimestare polenta e risotti a tempo indeterminato vi rende felici e non possedete un televisore (non sapete quanto siete fortunati!) mettetevi pure comodi e lasciate che vi renda edotti sul “dulce de leche” e sui suoi insospettabili risvolti storici e chimici: ho scoperto cose che voi umani non potete neanche immaginare! :)
Sull’origine di questo dolce esistono diverse versioni, ma la più accreditata risale al 1800 e chiama in causa due generali nemici, entrambi argentini e per giunta cugini (tanto per non smentire il famoso detto: “Parenti serpenti”): Juan Manuel de Rosas e Juan Galo de Lavalle (pare che in Argentina non esistano altri nomi). I due si fecero la guerra a lungo prima di capire che, forse, non era tanto saggio combattersi tra fratelli (la guerra non è mai una cosa saggia, ma quella civile è particolarmente idiota): il 24 giugno 1829, quindi, giunsero ad un accordo. Qualche tempo dopo Lavalle raggiunse Rosas nel suo accampamento alle porte di Buenos Aires per sistemare alcune questioni rimaste in sospeso dopo la firma del Trattato di Cañuelas: Juan Manuel non c’era, era uscito in ricognizione con i suoi uomini, per cui gli dissero di attendere. Esausto per il lungo viaggio a cavallo, Juan Galo si addormentò sul letto del nemico e se la doveva russare proprio alla grande se è vero che un servo che passava da lì fu richiamato dai rumori provenienti dalla tenda del comandante, che egli sapeva non essere nell’accampamento. Il servo corse a chiamare aiuto e tornò poco dopo con i rinforzi: il bello addormentato nella tenda fu subito attorniato e solo il provvidenziale ritorno del cugino (quando si dice il tempismo!) lo salvò da un indimenticabile risveglio a colpi di bastone e forcone. Ora, il caso vuole che quell’inserviente stesse attendendo alla bollitura del latte zuccherato che, assieme all’immancabile pagnotta, costituiva l’abituale rancio dei soldati e che in tutto quel trambusto si fosse completamente dimenticato del pentolone lasciato sul fuoco. Chissà che faccia avrà fatto di fronte a quello strano intruglio marroncino che aveva preso il posto del latte! I soldati, però, vollero assaggiarlo e il cucchiaio passò allegramente da una bocca all’altra senza suscitare remore igieniche e riscuotendo il consenso generale: ciò in un colpo solo consegnò all’Argentina la sua più grande gloria nazionale e salvò il servo dal linciaggio :)
Per la cronaca, Lavalle fu lasciato dormire beatamente fino al giorno seguente e così non solo non pigliò i classici pesci, ma si perse pure la prima abbuffata di dulce de leche!
Fin qui la storia; e la chimica? Cosa c’entrerà, costei? Ebbene, dovete sapere che nel pentolone era avvenuta nientepopodimeno che la REAZIONE DI MAILLARD: una reazione, per l’appunto, chimica che avviene tra lo zucchero presente nel latte (il lattosio) e alcuni aminoacidi presenti nelle proteine. Lo zucchero si era caramellizzato regalando alla crema il suo tipico colore marrone (più o meno scuro). Capito tutto? Morale della favola: la prossima volta che vi chiamano al telefono e vi dimenticate la pentola sul fuoco, potreste entrare anche voi nella storia!!! :D







INGREDIENTI:


3 litri di latte fresco intero (l'ideale sarebbe appena munto)

750 grammi di zucchero

una bacca di vaniglia

mezzo cucchiaino da caffè di bicarbonato di sodio



Riunite in una pentola di alluminio molto grande il latte, lo zucchero, la bacca di vaniglia incisa ed il bicarbonato (quest'ultimo favorisce ed accelera la reazione di Maillard, quindi non omettetelo!). Lasciate sobbollire a fiamma bassa per circa due ore, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno (nell'ultima mezz'ora, però, rimestate continuamente).   






La prima volta che l'ho fatto ho ottenuto un "dulce de leche" molto scuro, che sapeva di caramello: non so se tale risultato sia dipeso dalla pentola, di acciaio col fondo spesso e di medie dimensioni, o dal latte di diversa marca. Il sapore è sempre molto buono, ma io preferisco il dulce di leche più chiaro perché risulta più cremoso e sa di mou.   Quanto all'aspetto... giudicate voi!






















Cosa ci ho fatto io col mio dulce de leche? Be', la prima volta non ho fatto in tempo a vederlo ma i miei mi hanno assicurato che era buonissimo, la seconda ne ho usato un po' per fare i mitici "alfajores" ed il resto me lo sono pappato a cucchiaiate, stile Nutella :-D Come si fanno gli alfajores? Ogni cosa a suo tempo! Intanto vi lascio una foto su cui sbavare :)







lunedì 9 gennaio 2012

"NIENTE MALE" ALLE MANDORLE





E' inevitabile: passata la baraonda delle feste, ci si ritrova a fare i conti con le cose da smaltire. E non mi riferisco ai chili presi, no! Per quelli conviene aspettare Pasqua, onde evitare che colombe e colombine vanifichino mesi e mesi di dieta "lacrime e sangue" (per dirla alla Monti): si fa un bel sacrificio unico a ridosso della prova costume et voilà, c'est plus facile! Io mi riferivo ad altro: alla frutta secca, per esempio. Non ditemi che sono la sola a cui ne è avanzata una quantità industriale! Soprattutto mandorle. Che ci faccio, con un chilo abbondante di mandorle? Beh, ho deciso che le utilizzerò per provare la ricetta di un dolcetto consigliatomi dalla mia amica Natalia, ma siccome stamattina avevo voglia di mettere le mani in pasta, con una manciata di mandorle mi sono inventato dei biscottini... "niente male"! :-D






INGREDIENTI


150 grammi di maizena

100 grammi di farina

125 grammi di zucchero a velo

75 grammi di zucchero semolato

200 grammi di mandorle spellate

1 baccello di vaniglia

100 grammi di burro

3 tuorli d'uovo

3-4 cucchiai di panna fresca

mezza bustina di lievito per dolci

acqua di fiori d'arancio



Frullate le mandorle con lo zucchero a velo ed i semini di vaniglia e mescolate la polvere ottenuta alla  farina, già miscelata con  maizena, zucchero semolato e lievito. Aggiungete il burro morbido a pezzetti, i tuorli, uno o due cucchiai di acqua di fiori d'arancio e panna q.b. per ottenere un impasto morbido ma consistente. Stendete la pasta sulla spianatoia (cosparsa di maizena per evitare che si attacchi) e ritagliate i biscotti nella forma e nella grandezza che preferite. Cuoceteli in forno già caldo a 170-180 gradi fino a leggera doratura. Staccateli dalla carta forno solo quando saranno freddi e cospargeteli di zucchero a velo.
















P.s. Quelli che hanno resistito al primo assalto li ho conservati in frigorifero, bene avvolti in carta stagnola: sono diventati ancora più buoni!

domenica 1 gennaio 2012

OVIS MOLLIS... PER UN INIZIO CONFUSO E FELICE :-)





Sembra facile! Parlare dell’argomento “ovis”, intendo. Perché questi biscottini dall’aria ingenua, fragile, netta, questi sempliciotti di cui al primo sguardo si pensa già di sapere tutto, costituiscono, in realtà, il mistero più grande dopo quello della Vita e dell’Amore: a partire dal nome stesso (ovis mollis od ovis molis?) per proseguire col significato (con una o due elle che sia, perché diamine si chiamano così? Ovis deriva dal latino? Se sì, da quale parola? Da ovum, i, sostantivo latino neutro = uovo o da ovis, is, sostantivo latino femminile = pecora?) ed arenarsi sulla questione della forma (qual è quella “giusta”? A bastoncino, a pallina, ad anello…?) A confondere ulteriormente ci pensa l’ ovis mollis-canestrello: un biscotto fatto con la pasta frolla degli ovis (la cui peculiarità è l’utilizzo dei tuorli d’uovo sodi) ma con la forma dei canestrelli liguri (che invece vogliono rigorosamente i tuorli crudi nell’impasto). In sostanza, uno sconvolgente ibrido degno di un urlo in perfetto stile Munch che (ahimè) non è raro incontrare passeggiando per il web. Come dite? Vi sentite già dei novelli “viandanti su un mare di nebbia”? Bene, allora passo a dissipare un po’ di foschia dal vostro orizzonte (non tutta, però! Ve l’ho detto che trattasi di argomento arduo). Grazie a lunghe e meticolose ricerche (vi ricordo che sono della Vergine) ho scoperto la forma e la ricetta ORIGINALI del Nostro: la forma DOC è quella ad anello, mentre gli ingredienti ed il procedimento autentici sono quelli contenuti nel manuale: Il Pasticciere e Confettiere Moderno edito nel 1907 dalla Casa Editrice Hoepli. Chi è il suo autore? Sentite qua: Giuseppe Ciocca, classe 1867, nato a Treviglio (Bg); artista, pittore, pasticciere, gelatiere, imprenditore dolciario, direttore del Giornale dei Pasticcieri e Confettieri, autore di testi e manuali e Maestro della pasticceria moderna. Vi basta, come garanzia? Beh, che vi basti o no, così è (se vi pare). Buon anno a tutti! ;-)








INGREDIENTI
(PER UNA QUINDICINA DI BISCOTTI):



200 grammi di farina

100 grammi di fecola di patate

200 grammi di burro

100 grammi di zucchero a velo

5 tuorli d’uovo sodi

1 cucchiaino di estratto purissimo di vaniglia

un pizzico di sale



Mescolate farina, fecola, zucchero e sale; aggiungete il burro morbido tagliato a pezzetti ed i tuorli passati al setaccio ed amalgamate velocemente il tutto formando una palla. Passate l’impasto in frigorifero per un’oretta, quindi stendetelo sottile e ritagliatevi i biscotti. Cuocete gli ovis mollis in forno preriscaldato a 180 gradi fino a leggera coloritura. Non toccateli fino a completo raffreddamento perché sono estremamente delicati e si rompono facilmente. Spolverizzateli con abbondante zucchero a velo e gustateli così, in tutta la loro deliziosa semplicità.