martedì 10 luglio 2012

UNA GIOIA... E' PER SEMPRE


La gioia che non è condivisa, ho sentito, muore giovane scrive in Welcome Morning la poetessa Anne Sexton. Per evitarne la dipartita precoce e renderla imperitura ho, dunque, deciso di condividere con "i miei venticinque lettori" l'incommensurabile gioia provata qualche giorno fa nello scoprire, del tutto casualmente, navigando nel web, un articolo che parla di me e di un mio scritto in particolare: quello che potete trovare nella sezione di "Ambrosia e Nettare" intitolata: La mia ricetta del cuore
Il superlativo articolo in questione è opera della dottoressa  Mariangela Lopopolo (che ringrazio sentitamente per l'attenzione), la cui attività di ricerca fa capo al Centro Studi Camporesi che è parte del Dipartimento di Filologia classica e Italianistica dell'Università di Bologna.
Io, in un'ottica di semplificazione, ho estrapolato la parte che mi riguarda direttamente e ve la riporto qui di seguito, ma vi consiglio la lettura integrale del testo perché l'argomento che tratta (Cibo, emozioni e scrittura. L'etica dei foodblog) è interessante e coinvolgente. Non soltanto per i foodblogger!




4. Foodblog e condivisione emotiva



L’invito a condividere emozioni è quasi scritto su ogni pagina dei foodblog. Essendo dei diari-ricettari in rete, essi rendono pubblica la personale esperienza culinaria del blogger, mettendola in comune con tutti i visitatori. Si tratta di un’esperienza in cui la componente emotiva non manca mai, proprio perché, come si è visto, il gusto del cibo emoziona sempre chi lo prova, sia pure in fase di preparazione, assaggiando e pregustando. Il cibo, insomma, è inscindibile dalle emozioni che suscita e la scrittura dei foodblog chiama a prendervi parte. In alcuni casi lo fa attraverso piccoli accenni come quelli del Cavoletto di Bruxelles, che si riferisce agli “asparagi alla fiamminga” con il diminutivo affettivo di “ricettina”, li annovera tra i “piatti della mamma”, dice che per lei “sanno di casa”. In altri casi, il richiamo emotivo è più marcato come, ad esempio, lo è in Ambrosia e Nettare, che riserva una sezione apposita del suo blog alla “ricetta del cuore”. 
Ambrosia e Nettare (ambrosiaenettare.blogspot.it) è il foodblog di Lucia, insegnante originaria di Gallipoli che vive e lavora a Bergamo. Cliccando “La mia ricetta del cuore”, il blog offre ai visitatori le emozioni di questa ricetta-ricordo:

Se l’uomo è ciò che mangia, io sono minestrone. Ne ho divorata una quantità incalcolabile nel corso della mia vita e, di sicuro, sono stata la sola bambina che abbia preferito il minestrone ai più prelibati manicaretti. Lasagne, cannelloni, arrosti sopraffini… nulla era in grado di farmi luccicare gli occhi come quella straordinaria alchimia di odori e sapori che mia madre sapeva ricavare da un miscuglio di verdure banali. Cosa ci volete fare?! Ognuno ha le sue stranezze. Non ricordo come e quando mi sia sorto l’amore sviscerato per questa pietanza, ma se penso ad essa la memoria mi conduce prontamente alla casa bianca profumata di salsedine in cui crebbi innamorandomi di cielo e mare e all’angusta botteguccia dove dovevi contendere alle cassette di frutta ammucchiate per terra e alle corone di agli e cipolle appesi al muro lo spazio per respirare.

Da casa alla botteguccia c’era qualche centinaio di metri che io percorrevo curiosa e pimpante, stringendo la mano materna. I bambini “che crescevano solo per andarsene” li vedevo giocare per strada a piedi nudi, vestiti di stracci. Le loro grida gioiose si levavano al cielo insieme all’odore di umido delle case scrostate e della pignatta di fagioli messa a sobbollire fin dalle prime luci dell’alba. Al mio passare, le vecchie sedute sull’uscio a recitare il rosario sollevavano il capo coperto da un velo nero e la fierezza del loro sguardo mi trapassava l’anima. Allora distoglievo gli occhi da quei volti che la miseria aveva scolpito nella durezza e il tempo ricamato di rughe, per perdermi nel rosso acceso dei mazzi di peperoncino appesi a testa in giù nei cortili o nel brillante candore del bucato fatto a mano che giocava a svolazzare col vento di scirocco. Panni come gabbiani… Li sentivo sopra la mia testa. Quante volte ho chiuso gli occhi e teso la mano sperando che venissero a prendermi…che potessi diventare una di loro!

Raggiunta la piccola e caotica bottega, mia madre cominciava a chiedere di questo e di quell’ortaggio, accompagnando ogni richiesta con la stessa, perentoria, raccomandazione: “Scocchiameli belli, sinò te li tornu arretu!” (Sceglimeli belli, altrimenti te li riporto!), e il povero fruttivendolo cerniva, pesava e infilava nei sacchetti di carta, sotto lo sguardo vigile di chi, persi i genitori in tenera età, aveva dovuto apprendere in fretta l’arte di non farsi fregare. La spesa si concludeva sempre con l’omaggio di un mazzo di prezzemolo grosso e rigoglioso che la mamma dava da tenere a me e che io badavo bene a non sciupare, manco avessi tra le mani un prezioso bouquet da sposa! Appena tornate a casa, mia madre si metteva all’opera ed io assistevo ai lavori, dai quali neppure il sopraggiungere di un cataclisma avrebbe potuto distogliermi. Mi deliziava quel rituale, quel susseguirsi di operazioni caratterizzate da rumori ben precisi: prima lo scroscio dell’acqua corrente che investiva le verdure per ripulirle, poi lo sbatacchio della lama che tagliuzzava decisa e sapiente, quindi lo sfrigolìo della variopinta dadolata nell’incontro irruente con l’olio bollente, infine il borbottio sommesso del brodo lasciato per lungo tempo a sobbollire. Ma il momento più amato era quando, a cottura ultimata, arrivava quel: “A tavola!!!” bello squillante, preceduto dal profumo paradisiaco del mio piatto preferito che fuoriusciva dalla pentola. Quel minestrone aveva un alcunché di magico che non sono più riuscita a ricreare… forse perché la magia era nel cuore di una bimba che viveva le cose come frammenti di un mondo incantato, e sognava di diventare un gabbiano[21].


Il testo è accompagnato dalle fotografie di una casa bianca tra il blu di cielo e mare, di Lucia da bambina e di un coloratissimo minestrone nel piatto. Questo selezionato apparato fotografico intensifica la carica emotiva di una scrittura capace di rievocare il passato anche attraverso un bel contrasto di immagini. Si tratta, in particolare, del contrasto tra il bianco e nero della terra d’infanzia ed i colori delle verdure. Infatti, da una parte Ambrosia e Nettare fa riferimento al velo nero delle vecchie sull’uscio che recitano il rosario e al bianco dei panni al vento che sembrano gabbiani; dall’altra richiama il rosso acceso dei mazzi di peperoncino, il verde del bouquet di prezzemolo e tutti i colori delle varie verdure, prima nella “botteguccia” del venditore, poi nella cucina di casa. Il minestrone di colori e l’“alchimia di odori e sapori” della pietanza ravvivano il bianco e nero della memoria e le emozioni del passato: quel misto di solenne rispetto e di estasiato incanto per un tempo ed un luogo in cui preparare da mangiare era un rito. Di tale rito, Lucia lamenta di non riuscire a ricreare l’“alcunché di magico”; tuttavia non solo insiste personalmente nel perpetuarlo, ma invita i visitatori del suo blog a parteciparvi. Lo fa saldando il rammarico per l’impossibilità di recuperare la magia dell’infanzia, con gli ingredienti e le indicazioni riguardanti lo stesso minestrone: 

INGREDIENTI PER DUE PERSONE:

1 verza
2 carote
2 zucchine
6 pomodori ramati maturi ma sodi
il cuore di un sedano verde
150 grammi di piselli
150 grammi di fagioli
(borlotti freschi oppure cannellini secchi lessati a parte)
4 patate
2 cipolle
200 grammi di fagiolini
brodo vegetale q.b.
olio extravergine di oliva
sale
parmigiano grattugiato

Lavate le verdure e sbucciate quelle che necessitano di tale operazione. Tagliate verza, patate, zucchine, carote, cipolle, sedano e fagiolini a pezzetti regolari. Pelate i pomodori, privateli dei semi e riducete anch'essi a dadini, mettendoli in una ciotolina a parte.
Scaldate almeno mezzo bicchiere di olio in una pentola alta munita di coperchio e fatevi dorare le verdure (eccetto i pomodori, i piselli e, se avete scelto di non usare i borlotti freschi, i fagioli). Salate leggermente e coprite con il brodo vegetale caldo. Fate sobbollire lentamente a tegame coperto, mescolando di tanto in tanto. Dopo una mezz'ora aggiungete piselli e pomodori (se usate i cannellini già lessati, uniteli solo poco prima di spegnere il fuoco). Continuate a cuocere finché le verdure risulteranno tenere (ma non sfatte). Distribuite il minestrone nelle fondine, irrorate con un filino di olio e spolverizzate con abbondante parmigiano grattugiato[22].


In questo modo, oltre a mettere in comune con i visitatori in rete le sue emozioni, Ambrosia e nettare fornisce istruzioni da mettere in pratica ciascuno nella propria cucina. Il foodblog, dunque, mentre invita alla condivisione emotiva, favorisce anche la concreta formazione di abilità culinarie. (continua)

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